[Test] Ducati Mig RR - EBIKE MAG

[Test] Ducati Mig RR

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Alzi la mano chi di voi non conosce il marchio Ducati, chi non ha mai sentito il rombo inconfondibile del bicilindrico desmodromico di Borgo Panigale, chi non è saltato in piedi sul divano quando una rossa ha tagliato per prima il traguardo in MotoGP o Superbike. Tutti conosciamo Ducati per la sua storia costellata di successi in campo motociclistico, in questo articolo, non vi parlerò di motociclette, vi parlerò del frutto della collaborazione tra Thok e Ducati, ovvero la prima eMTB del marchio bolognese.

Ho ricevuto la Mig RR direttamente dalle mani del mitico Stefano Migliorini, con il quale ho passato una splendida giornata di riding sui trail costruiti specificatamente per le eMTB, dai builder di Pietra Ligure Outdoor nella Val Maremola a due passi da Finale Ligure. La bici è rimasta in mio possesso per alcune settimane in modo da poter svolgere un test approfondito.

In sintesi

Materiale telaio: Telaio e carro posteriore in lega di alluminio 6061 T4/T6
Formato ruote: 29″ × 2.60″ anteriore – 27.5″ × 2.8″ posteriore
Geometrie variabili: No
Corsa ant/post: 170/160 mm
Sistema sospensione: TPS Thok Progressive System
Mozzo posteriore: 148×12 boost
Mozzo anteriore: 110×15 boost
Trasmissione: 1×11(34t – 11/46)
Attacco Portaborraccia: Si, in posizione classica
Motore e batteria: Shimano STEPS E8000 – batteria 504 Wh esterna mascherata nel design del telaio
Peso rilevato senza pedali: Taglia M, 22.71 kg con pneumatici tubeless e lattice.

Analisi Statica

A qualcuno potrebbe “fare strano” vedere la scritta Ducati sul tubo obliquo di una ebike, ma l’esemplare lavoro svolto da Aldo Drudi e dal Ducati Design Center hanno esaltato le linee pulite del telaio Thok da cui deriva la Mig RR. La colorazione richiama fortemente il design delle moto da corsa, con un bel rosso acceso abbinato all’alluminio spazzolato lucido, e al nero opaco del triangolo posteriore e dei foderi della forcella. Il nuovo copri batteria, che oltre a proteggere la batteria dai sassi alzati dalla ruota anteriore, si integra perfettamente con le linee del telaio dando continuità alla grafica e contribuendo ad alleggerire la vista laterale. L’aver posizionato la batteria esterna al di sotto del tubo obliquo ha reso il design della Mig unico nel suo genere, e a mio parere la esula dai dettami delle mode attuali che voglio batterie integrate a tutti i costi.

Ben studiati i passaggi cavi interamente interni al telaio, rimangono scoperti solo per un breve tratto in prossimità del motore prima di inserirsi nei foderi bassi del carro. Il sensore di velocità è stato nascosto all’interno del forcellino sinistro, e il relativo magnete ancorato alle viti del disco in una posizione più protetta rispetto all’ormai antiquato posizionamento sul raggio.

Sotto al motore troviamo una robusta piastra in materiale plastico che si raccorda con il supporto della batteria. Sempre in zona motore si trova un guidacatena regolabile per evitare cadute indesiderate della catena. Il fodero destro è protetto da un bel batticatena in gomma.

I tecnici Thok hanno sviluppato un sistema di sospensione chiamato TPS che si basa su uno schema a quadrilatero con giunto Horst. L’ammortizzatore scelto è l’ottimo FOX DPX2 Factory Series Kashima con interasse da 216 mm x 63.5mm di corsa che sviluppa ben 160mm alla ruota. Questa unità è dotata di registro del rebound (rosso), della levetta in 3 posizioni per gestire rapidamente il blocco della sospensione, e un’ulteriore regolazione della comprensione alle basse velocità quando la leva si trova nella posizione open.

Tutti i registri risultano ben accessibili, specialmente la levetta del blocco in compressione è proprio a portata di mano, dandoci la possibilità di azionarla a nostro piacimento anche pedalando. Impostando un SAG del 30% la sospensione è sempre piuttosto sostenuta già da metà corsa, che si traduce in una spiccata reattività del posteriore. Come tipico dei sistemi con giunto Horst, la sospensione rimane attiva durante la fase di frenata, permettendo alla ruota posteriore di rimanene sempre a contatto con il terreno.

La forcella è una FOX 36 Float 29 Factory Kashima FIT4, con tuning personalizzato e 170 mm di corsa, sulla sommità dello stelo destro troviamo due registri che influenzano la compressione, il principale in 3 posizioni (aperto-medio-bloccato) per modificare velocemente la risposta della forcella. L’ho utilizzato principalmente durante i trasferimenti asfaltati, in posizione “firm” la forcella risulta praticamente bloccata. Il secondario agisce finemente sulla compressione alle basse velocità quando il registro principale si trova nella posizione “open”, con questo registro modificheremo la sensibilità della forcella alle oscillazioni indotte dalla pedalata e dai trasferimenti di carico, chiudendolo l’idraulica la forcella sarà più sostenuta.

In fondo al fodero destro troviamo il registro del rebound di colore rosso, protetto da un cappuccio avvitato. Nello stelo sinistro ho trovato due spessori di progressività che dopo alcune uscite ho preferito togliere per avere una forcella meno sostenuta sul fondo corsa. Come noto la 36 spicca per la sua attitudine racing risultando sempre precisa e diretta, adatta a rider preparati fisicamente.

Il reggisella telescopico è un Raceface Turbine Aeffect R Dropper con comando a manubrio da 120 mm di abbassamento, dotato di un comodo e morbido comando al manubrio. Ha funzionato perfettamente per tutta la durata del test senza mai dare un problema, sulla taglia M avrei preferito un 150mm. La sella in tinta con le grafiche del telaio, a fine test mostrava qualche segno di scolorimento, è l’unico componente un pochino sottotono rispetto a tutto il resto.

Non si è voluto correre rischi per la scelta dei componenti della trasmissione, in pratica tutta Shimano XT a 11v, a parte la cassetta che fa parte del gruppo SLX. Il cambio XT non sbaglia un colpo, anche se alcune volte non è proprio tra i più silenziosi. Ho apprezzato molto la possibilità di effettuare la doppia cambiata con il salto di due pignoni per volta, che è risultata molto più rapida rispetto al singolo clic nelle accelerazioni. La cassetta 11-46 abbinata alla corona da 34t ci offre un adeguato range di rapporti. Solo una parola per descrivere l’indicatore del rapporto inserito, anacronistico.

Come la trasmissione, anche i freni sono di casa Shimano, nello specifico degli ottimi e inossidabili Saint. Questi freni si possono considrare senza ombra di dubbio tra i migliori sul mercato, sono estremamente potenti ma anche ben modulabili, impeccabili nell’azionamento e non hanno mai mostrato segni di surriscaldamento. Sulla Ducati sono stati abbinati a dischi Shimano ICE Tech da 203 mm, sia all’anteriore che al posteriore, che rendono la frenata sempre omogenea e silenziosa. Accoppiata davvero eccellente!

Non capita spesso di trovare come primo montaggio delle ruote Mavic, ma qui invece fanno bella mostra di sé le E-XA Drifter con dimensioni differenziate, 29”x 30mm anteriore e 27.5x35mm posteriore specifiche per ebike. Queste ruote hanno un aspetto molto curato, mozzi con flange per ospitare raggi a testa dritta, raggi piatti e cerchi asimmetrici. Nulla da eccepire in fatto di scorrevolezza e rigidità, nonostante i colpi che ha preso, il cerchio posteriore a fine test girava ancora perfettamente dritto pur presentando alcune vistose bozzature.

Le gomme montate provengono dal catalogo Maxxis, per la precisione una Minion DHR al posteriore nella misura da 27.5 x 2.8″, e una Minion DHF anteriore da 29 x 2.6″, entrambe con carcassa EXO+ e mescola tripla Maxx Terra. Sono arrivate già montate tubeless con lattice. Dopo aver tagliato irrimediabilmente il DHR, che ho dovuto sostituire, ho montato anche un robusto salsicciotto al posteriore, che mi ha preservato la gomma per il resto del test, ma non ha evitato una bozza al cerchio. Per l’ennesima volta le Maxxis EXO al posteriore nella misura plus si sono rivelate troppo deboli. All’anteriore invece il DHF mal sopporta i freni troppo potenti, che sui secchi e sdrucciolevoli terreni estivi possono causare bloccaggi indesiderati con consguenti perdite di aderenza. Entrambe le ruote sono dotate di perno passante con sgancio rapido.

Il manubrio Renthal Fatbar Carbon abbinato ad un possente attacco marchiato Ducati, compongono un cockpit di tutto rispetto. Il manubrio ha una ergonomia eccezionale, e con una larghezza di 800mm ci permette di essere tagliato alla misura che più ci aggrada, per me era un pochino largo.

Per abbassare il più possibile la quota dell’anteriore sono stati tolti tutti gli spessori sotto all’attacco manubrio, ottenendo una posizione di guida ben caricata ma non troppo avanzata. Nessun problema di ergonomia tra i vari comandi, a sinistra ho posizionato il comando remoto del telescopico e il comando delle assistenze, che ha una buona ergonomia ed è dotato anche del pulsante per cambiare le pagine del display. A destra troviamo solo il comando del cambio e al centro il minimale display a colori Shimano.

Il motore spicca per le dimensioni particolarmente compatte che permettono ai designer di integrarlo facilmente all’interno del telaio, nel caso della Mig, abbinato al posizionamento della batteria al di sotto del tubo obliquo, si ottiene un ottimale posizionamento delle masse principali in prossimità del baricentro della bici, che si traduce in una maneggevolezza da riferimento e in una linea estetica che risulterà gradevole a lungo.

Il sistema Shimano continua ad avere aggiornamenti, e da alcuni mesi a questa parte tutte e tre i livelli di assistenza sono personalizzabili tramite l’applicazione e-Tube. Questo ci permette di impostare ognuna delle tre assistenze su tre livelli, in modo da poter adeguare l’erogazione del motore alle nostre esigenze e al nostro grado di allenamento. Oltre a e-Tube, esistono anche applicazioni di terze parti che ci permettono di ottenere settaggi ancora più fini.

Durante il test ho utilizzato Steps Unlocker per dispositivi Android, che permette una regolazione fine delle percentuali di assistenza e anche di limitare la coppia e la potenza massima erogata dal motore. Dopo varie prove ho impostato valori molto vicini a quelli offerti dal’applicazione ufficiale, che mi hanno soddiffatto. Consiglio a tutti di variare l’impostazione di serie dell’assistenza Turbo, che impostata al massimo è praticamente inutilizzabile su trail.

La batteria da 500wh è ancorata esternamente al tubo obliquo, ma ben integrata nelle linee del telaio grazie alle grafiche e alla forma del copri batteria, risultando praticamete invisibile. La ricarica avviene tramite una presa disposta sul lato destro subito sopra al motore. Per estrarla dal telaio dovremmo prima rimuovere il copri batteria tramite una semplice clip, poi andremo ad agire sulla serratura con la chiave fornita in dotazione, e per ultimo dovremo sganciarla con un movimento laterale.

Geometrie e prezzi

La Ducati Mig deriva strettamente dalla Thok, ma presenta delle rilevanti variazioni geometriche principalmente dovute all’adozione di una forcella più lunga, ad un ammortizzatore con interasse e corsa maggiore, e infine dalle ruote differenziate.

Semplificando, qualcuno la potrebbe definire una geometria standard, non in linea con le ultime mode. Io l’ho trovata performante senza inutili estremismi. Tra le quote spicca il carro da 450mm che rende il posteriore molto leggero e giocoso senza penalizzare la trazione in salita. Stessa cosa dicasi per lo stack di soli 606 mm, un vero miracolo con una forcella da 170mm per ruote da 29″, che permette una posizione caricata sull’anteriore che ci agevolerà in inserimento di curva e a dare direzionalità all’anteriore in salita. Per ultimo vorrei portare alla vostra attenzione l’altezza del movimento centrale di ben 358mm, sicuramente agevolerà nel superamento degli ostacoli, è rarissimo impattare con le pedivelle sul terreno, ma a bassissima andatura condiziona l’equilibrio del mezzo rendendo la guida meno fluida.

La Migg RR è presente in un unico allestimento al prezzo di 6250€ comprese le spese di spedizione ed è acquistabile direttamente online a questo link o presso i concessionari Ducati.

In azione

Carattere racing! Basterebbero queste due parole per descrivere la prima impressione che ho avuto della Mig RR durante il primo giro. Dopo un rapido settaggio mi sono trovato tra le mani una bici giocosa, rapida e salterina, che mi invogliava ad alzare il ritmo, ad azzardare linee più spinte, e staccare le ruote da terra. Tutto questo a patto di mantenere una guida attiva e ben caricata sull’anteriore specialmente in inserimento di curva. A fine giornata ero un po’ provato. Successivamente ho regolato le sospensioni per renderle più morbide e sensibili, perdendo chiaramente in reattività ma guadagnando in comfort. 

Salita

Qui ho avuto la prima piacevole sorpresa, nonostante la forcella da 170mm e un angolo sella non particolarmente verticale, ho trovato la Mig RR molto ben bilanciata con un’ottima trazione. Se ben settato e mantenuto alla giusta cadenza, il motore Shimano si difende piuttosto bene anche su terreni molto ostici con una progressione molto decisa. Nei passaggi tecnici e rocciosi ho apprezzato le pedivelle da 170mm che forniscono una leva maggiore rispetto alle 165mm, ma che grazie al movimento centrale alto non impattano quasi mai il terreno. Sulle salite pedalate la bici è confortevole con una posizione di guida poco stancante. La sospensione non è affetta da bobbing se si pedala da seduti,  se si amano gli scatti in piedi è bene utilizzare il controllo di compressione posto sull’ammortizzatore. 

Discesa

In questo ambito viene fuori tutto il carattere da racing bike della Mig RR. Prima di tutto, la facilità con cui si eseguono i bunny hop è imbarazzante, con questa manovra si possono superare ostacoli dritto per dritto senza rallentare ed eseguire dei cambi di linea in agilità. Mi è piaciuta molto in inserimento e percorrenza di curve strette e nei trail più guidati dove spicca per la rapidità di risposta agli input che gli vengono dati. Sul ripido va caricato bene l’anteriore per guadagnare direzionalità in staccata ed in inserimento di curva. Sui salti si comporta piuttosto bene, le sospensioni progressive sono pronte ad incassare gli atterraggi più pesanti senza scomporsi.

L’unico frangente in cui l’ho trovata leggermente più impegnativa è sul lento tecnico, a bassissima velocità perde un po’ di equilibrio, ma questa bici non ha nel DNA le basse velocità!  

Autonomia

Dopo aver abbassato leggermente i livelli di assistenza, ho notato un aumento dell’autonomia che mi ha permesso di chiudere giri con oltre 1500 m d+ e quasi 60km. Bisogna prestare attenzione alla carica della batteria specialmente quando rimane solo l’ultima tacca disponibile: per evitare spegnimenti inaspettati e indesiderati, è bene utilizzare solo il livello Eco cercando di non richiedere picchi energia alla batteria. Potete leggere il resoconto di una prova qui e successivi.

Problemi riscontrati durante il test

La gomma posteriore è stata sostituita dopo una doppia pizzicatura causata dall’impatto con una roccia appuntita. Il cerchio posteriore a fine test presentava alcune bozze leggere ed una più evidente che ha reso necessario l’intervento in officina per ripristinare la tenuta del tubeless. Avendo tolto tutti gli spessori sotto l’attacco manubrio per avere una posizione di guida maggiormente caricata sull’anteriore, ruotando il manubrio il comando del cambio va ad urtare il tubo obliquo.

Conclusioni

Una vera e propria Ducati, con quella spiccata indole corsaiola e un look che non passa di certo inosservato. Una bici piacevole da guidare, che vi farà divertire e sembrare semplici le manovre che con altre ebike sono un supplizio. 

I rider più preparati e sportivi riusciranno a portarla al limite sfruttando le sue doti di maneggevolezza e rapidità, i rider occasionali avranno una bici intuitiva con la quale affinare le proprie doti di guida accrescendo il proprio bagaglio tecnico.

Con poco più di 6000€ vi portate a casa una eMTB pronto gara, con sospensioni, freni e componentistica di alto livello, un design unico che esce dagli schemi, senza dimenticare che è  la prima bici elettrica a potersi fregiare del marchio Ducati Corse. 

 

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